Una sera di qualche anno fa, parlando
con Gimbo, un mio amico che conosce bene la zona attorno al Brallo,
venni a sapere che esistevano alcuni paesi abbandonati in mezzo alle
colline dell'appennino e, uno di quelli più suggestivi, era Rovaiolo
Vecchio.
Nel suo racconto mi ricordo che la
peculiarità di questo posto era che la gente del paese non se ne era
andata volontariamente ma l'intero borgo era stato fatto evacuare
dalle autorità perché minacciato da una frana.
Era il 1960 e da allora nessuna frana
ha colpito il paese.
Tuttavia questo non significa che tutto
sia rimasto intatto.
Infatti nessuno è più tornato a
vivere a Rovaiolo Vecchio e le case sono state pian piano rivendicate
dalla natura che cerca lentamente di riassorbirle.
Con queste premesse non potevo
lasciarmi sfuggire una visita a quello che possiamo definire un
villaggio fantasma!
Così convinco un compagno di avventure
a seguirmi in questa impresa in un pomeriggio di Settembre.
Lasciamo Voghera alle nostre spalle
verso le 2 e 30 circa del pomeriggio e seguiamo la Strada
Provincial 461 in direzione Brallo.
Giunti al passo scendiamo verso valle
fino al paese di Rovaiolo (quello nuovo) seguendo la Strada
Provinciale 186 che avevamo imboccato poco dopo Varzi.
Il mio primo pensiero è che secondo me
Rovaiolo è stato ricostruito dall'altro lato della valle e quindi
per fare distinzione hanno iniziato a chiamare Rovaiolo Vecchio il
borgo abbandonato e Rovaiolo il gruppetto di case lungo la
provinciale.
Se qualcuno ne sapesse di più, lo
invito a contattarmi via Blog.
Qualunque sia la verità, arrivati a
Rovaiolo si scorge subito, sul lato opposto della valle, un gruppetto
di una decina di case in pietra.
Quello è Rovaiolo Vecchio.
Per arrivarci cerchiamo la strada
sterrata situata a destra della carreggiata che scende fino al
torrente Avagnone.
La strada, una volta era probabilmente
asfaltata per il primo tratto, è identificabile solo da un segnale
di STOP un po malandato.
Una volta imboccata scendiamo molto
cautamente fino al piccolo ponte sul torrente e li lasciamo la
macchina.
Ci sono segni di ruote di trattori sul
fango che ricopre parzialmente il ponte ma comunque non è
raccomandabile attraversarlo con la macchina.
Ci incamminiamo lentamente lungo la
rapida salita che porta al paese e non si può fare a meno di notare
due cose.
La prima è la bellezza del posto
completamente circondato dal bosco; si può vedere tutta la valle
fino al Brallo.
La seconda è la effettiva friabilità
dell'intera collina fatta prevalentemente di rocce simili
all'ardesia.
Salendo i due tornanti, poco prima di
arrivare a destinazione, si può davvero immaginare quanto poteva
essere bello vivere qui.
Il bosco sulla destra lascia spazio ad
un muretto a secco che cerca di farsi notare nonostante al copertura
di muschio che che lo ricopre.
Una primula ha trovato casa proprio
qui, vicino ad un vecchio castagno.
Finalmente a sinistra il bosco finisce
lasciando spazio ad alcuni campi coltivati che terminano proprio in
corrispondenza delle prima casa di Rovaiolo Vecchio.
La prima impressione vedendo questa
casa di pietra mezza divorata dalle piante rampicanti è di stupore.
Sembra di essere in quel documentario di History Channel: La
Terra Dopo L'Uomo.
Continuando comincia a delinearsi il
borgo e vedo che per fortuna non tutte le case sono nello stesso
stato.
Quando si arriva a destinazione ad
accogliere i visitatori occasionali c'è una piccola casetta di legno
sulla destra del sentiero con un grosso tubo nero fissata ad essa.
C'è un cartello con sopra una scritta
i cui caratteri mi portano alla mia infanzia.
Dice: “Benvenuti nel paese
Fantasma”.
Questo punto del paese è molto
interessante perché regala la prima sorpresa.
Infatti se guardo di fronte a me vedo
una casa diroccata con la porta
aperta.
Se invece guardo a destra, oltre alla
casetta di legno, vedo una casa a due piani perfettamente in ordine.
Non me l'aspettavo che qualcuno potesse
ancora venire a vivere qui , magari anche solo per un week end,
usando questa casa come rifugio lontano da tutto e da tutti.
Inizio a pensare che il villaggio non è
del tutto morto.
Il mio compagno di viaggio parte in
quarta e mi abbandona cominciando a vagare baldanzosamente per il
paese mentre io vado con molta calma soppesando ogni passo.
Raggiunta la casa con la porta aperta
vedo che sopra la porta c'è ancora il numero civico 8.
Sulle pietre che componevano i gradini
di accesso, ormai inagibili, si vede il segno bianco e rosso del
percorso del CAI 125 che passa attraverso il paese.
Proseguendo oltre, sulla sinistra, c'è
un altro blocco di case con le porte aperte e le scale ancora
utilizzabili.
Mi avvicino e salgo molto lentamente i
gradini varcando la porta in religioso silenzio.
È una sensazione molto strana, come se
tutto andasse al rallentatore.
Da una parte trovo eccitante l'idea di
vedere una casa abbandonata e dall'altra la sensazione di tensione
come se ad un tratto qualcuno potesse venire fuori da una stanza
all'improvviso.
Nemmeno quando sono entrato nel
castello abbandonato di Santa
Catalina a Tarifa mi sono sentito così.
Da com'è il corridoio capisco che
negli anni qualcuno è passato e ha soggiornato in queste case.
Tutto è in disordine e non mi stupirei
se anche qualche animale avesse soggiornato qui di tanto in tanto.
Mi colpisce il particolare di un
rosario ancora appoggiato alla mensola di uno specchio.
La cucina sembra stata utilizzata non
troppo tempo fa.
Una confezione di pasta Barilla ancora
chiusa è appoggiata su un vecchio frigo.
Di rimpetto alla cucina una camera con
un letto singolo con materassi, coperte scarpe e immondizia tutti
mescolati alla rinfusa.
Sul fondo una camera da letto grande
con letto matrimoniale, un armadio e due cassettiere.
Ho la convinzione che l'armadio a breve
si aprirà e verrà fuori un improbabile residente a chiedermi cosa
ci faccio li.
Due bottiglie fanno da candelabri e il
fatto che una sia abbastanza recente rafforza l'idea che qualcuno
prima o poi salterà fuori.
Sto sudando tantissimo e non so se sia
per il caldo o per la sensazione che sto provando.
Esco guardandomi continuamente attorno
come se un agguato fosse imminente.
Visito adesso l'altra porta che da su
una stanza solamente.
Sporcizia mista, alcuni sacchi, una rete di un letto e un cassetto senza cassettiera.
Niente di speciale qui.
Uscendo mi trovo di fronte il lato
della casa col numero 8 e noto che non è una struttura unica ma fa
in realtà parte di un agglomerato di abitazioni.
Comincio a capire di più di del posto
solo quando giro a sinistra verso la parte posteriore del villaggio.
Non ci sono tante case piccole case di
pietra ma una struttura unica composta da diversi blocchi
indipendenti.
Sono davvero curioso e mentre pian
piano mi abituo all'idea di girare per queste case abbandonate
capisco che devo anche farlo con metodo se voglio visitare il posto
il più possibile senza tralasciare nessun luogo.
Quindi per raccapezzarmi meglio cerco
di seguire lo schema mentale dei “blocchi” numerati da visitare.
Anche adesso che sto scrivendo il post
voglio fare la stessa cosa e a tale scopo ho pensato di far e un
piccolo schema dei vari gruppi di case.
N1 è il primo, quello con la casa
completamente avvolta dalla vegetazione.
N2 è il più grande, quello della casa
col numero 8.
N3 è quello dove sono appena entrato.
N4 è dietro a quest'ultimo.
L è la casetta di legno
CA è la casa abitata.
Tornando alla visita...
Mi accorgo che nello spiazzo d'erba fra
N3 e N4 c'è un piccolo gruppetto di pietre messe in cerchio coi
resti di un fuoco.
Inoltre noto anche una peculiarità nel
tetto di N2; ovvero una lampione di alluminio per l'illuminazione
pubblica.
Mi chiedo se la regione sia venuta ad
installarla qualche anno fa magari per qualche strana legge che
obbliga tutti paese ad averne una anche se disabitati!
Sulla destra c'è una fontanella e una
vasca con i bordi svasati probabilmente dove venivano lavati i panni.
D'istinto entrerei subito nelle altre
case ma continuo lungo il sentiero CAI dove trovo un fienile (F) e
una diramazione sulla destra che porta ad un'altra struttura (N5).
Entro nel fienile accompagnato dal mio
compagno di viaggi che mi ha raggiunto proprio qui.
La porta di legno fa il suo dovere e si
apre svelando che la struttura è su due livelli.
Il ripiano principale dove ci troviamo
noi è largo circa due metri al di la dei quali c'è il livello del
piano sottostane.
C'è poca luce e la mia macchina
fotografica non mette bene a fuoco ma si vedono nella penombra un
paio di vecchi utensili in legno da un lato e una scala a pioli che
scende di sotto dall'altra.
Tornando sui miei passi noto,
passandoci accanto, che N4 ha le mura molto crepate e quando giro
attorno noto che uno dei muri laterali è completamente crollato.
Sotto l'occhio attento del mio compare
salgo le scale che portano al primo piano, o per meglio dire il piano
rialzato sopra le cantine, e facendo molta attenzione a dove metto i
piedi salgo sul ballatoio.
Una stanza è appunto sventrata dal
muro crollato e al suo interno un forno.
L'altra ha una porta bloccata dal tetto
caduto e una scala che sale al piano di sopra ma non sfido la sorte e
torno indietro.
Uscendo mi trovo davanti N3 e mi
accorgo che ha una sorta di tetto che sporge sul retro e una scala
che porta ad un altra stanza.
Inoltre sotto la tettoia sporgente c'è
una vera chicca: un forno fatto di mattoni.
Il mio compare si ricorda di quando era
bambino e li vedeva in funzione.
Io penso a come erano molto più
indipendenti le persone che abitavano qui, cosi lontano dai grandi
centri abitati coi supermercati pieni di ogni ben di Dio.
Accanto al forno c'è l'ingresso ad una
stanza con una dispensa che ha ancora qualcosa al suo interno ma il
dettaglio più suggestivo è sicuramente il vecchio scolapasta sul
muro.
Ho ormai acquistato abbastanza
sicurezza in me stesso per poter entrare nella casa col numero 8.
Non è facile farlo con la macchina
fotografica perciò la appoggio sul pavimento della stanza e mi
arrampico all'interno facendo del mio meglio, vista la mancanza del
ballatoio.
Il mio compare mi guida mentre metto
mani e piedi nelle fenditure del muro che solo lui riesce a vedere.
Comunque dopo poco sono dentro.
La prima cosa che va detta,
specialmente se venisse il desiderio a qualcuno di visitare Rovaiolo
Vecchio, è che questa è sicuramente la casa più suggestiva ma
anche una delle più pericolose e suggerisco di evitare di entrare.
Infatti il pavimento e il soffitto di
legno sono molto rovinati.
Il lato sinistro della stanza esposto
alle finestre ormai rotte e di conseguenza il legno è probabilmente
marcito grazie all'acqua e alla neve.
Se invece non resistete alla tentazione
come me fate con cautela, tenendovi il più possibile vicino al muro
di destra che separa le due stanze.
Ad ogni modo la stanza che ci si trova
davanti varcata la soglia è un soggiorno con un tavolo, una sedia,
una cassapanca e sparsi dappertutto migliaia di oggetti di vita
quotidiana.
Bottoni, piatti, scarpe, barattoli
bottiglie e persino medicine.
Molto suggestiva è la saliera ancora
inchiodata al muro.
Sul tavolo c'è ancora un tagliere e un
vasetto vuoto di Nutella.
Con molta calma arrivo alla porta che
da sulla camera da letto.
Mi torna un po la sensazione di
imminente incontro ma mi faccio avanti e svolto dentro la stanza.
A sinistra ci sono dei mobili ammassati
alla rinfusa mentre a destra vedo i resti di un fuoco, bottiglie,
piatti e stracci che forse erano una volta vestiti.
Spicca su tutto il ferro da stiro nel
mezzo.
Sul lato ci sono anche dei vecchi
fermagli per capelli.
C'è ogni oggetto di uso comune e se
non fosse per il disordine si potrebbe riaprire una finestra di un
passato di 50 anni fa senza problemi.
Torno nel soggiorno e passando vicino
alla sedia mi accorgo che è piccola.
È la sedia di un bambino!
Non ci avevo fatto caso prima.
Mi avvicino alla porta dove mi attende
il mio compare che mi ha tenuto in costante contatto vocale per
assicurarmi che non succedesse niente e che adesso mi guida nella
discesa.
Non appena torno coi piedi sull'erba
che circonda le case decidiamo di fare un giro e vedere la parte
posteriore di N2.
Il retro è decisamente meglio
conservato della parte frontale.
Qui c'è anche la struttura più alta
del paese; una casa su tre livelli con cantina sotto e due piani
abitabili.
Scopriamo con grande stupore che la
cantina sembra chiusa di proposito con un bastone messo di traverso.
Apriamo la porta e troviamo tutto
perfettamente in ordine.
Mucchi di fascine, attrezzi e
cassapanche.
Perfino una mangiatoia sul fondo.
Qui sicuramente qualcuno viene ancora e
forse sono proprio le stesse persone che ancora coltivano i campi qui
attorno.
Uscendo dalla cantina, sulla sinistra,
ci sono alcuni gradini che portano a due porte verdi contrapposte.
Il pianerottolo è impraticabile e
pericoloso poiché sfondato e si può vedere la cantina sottostante.
Raggiungo la maniglia di sinistra me la
porta è chiusa a chiave.
Tuttavia la finestra è rotta e perciò
scatto una foto dell'interno.
L'altra porta è irraggiungibile e non
ha maniglie ma provo a spingerla col cavalletto.
Macché! Addirittura rientra la gamba
del cavalletto.
O non sono mai state aperte o sono
chiuse molto bene poiché ancora utilizzate.
Una piccola struttura li vicino, che
forse serviva per gli animali, contiene una damigiana di vino e delle
fascine.
Cerchiamo di raggiungere N1 ma ben
presto ci accorgiamo che è impossibile.
Ci vorrebbe il proverbiale machete per
farsi strada in questa giungla di provincia.
Magari la prossima volta...
Il tempo passa veloce e mentre torniamo
di fronte alla casa col numero 8 sentiamo delle voci che si
avvicinano.
Un gruppo di ragazzini raggiunge il
paese seguito da qualche adulto.
Dopo aver fatto quattro chiacchiere
scopro con mia grande gioia che sono venuti qui per installare una
Geochace (vedi
post su San
Ponzo e su Ca
del Monte)
Non ci avevo pensato ma in effetti
varrebbe la pena metterne una in tutti i posti che ho visitato e che
ancora non ne hanno una.
Dopo i complimenti per l'idea e una
chiacchierata per su altri posti interessanti in zona continuiamo per
l'ultimo blocco di case (N5).
Invece di prendere l'angusto
sentiero,passiamo attraverso campo alla sinistra della casa abitata
(CA) e in pochi secondi siamo li.
Al primo piano ci sono due stanze e
sotto una grande cantina.
C'è anche una sorta di piccolo fienile
semi distrutto.
Cominciamo la visita dalla prima stanza
che anche se spoglia, ha una vera chicca.
Un cassettone con il piano in marmo.
Il pesante mobile si trova subito
dietro la porta, sulla sinistra.
Alcune fascine sul pavimento, una rete
di un letto contro il muro e una scala di legno che sale.
Sarei tentato di salire ma non mi fido
e passo alla stanza accanto.
Non c'è molto da dire perché meta
pavimento è crollato probabilmente quando è crollato a sua volta il
tetto assieme ad un angolo della casa.
Scendiamo nella cantina e prima di
entrarci c'è una sorta di anticamera con una serie di rami
intrecciati, forse un pollaio.
Al suo interno non ci sono più i polli
ma un cappello macchiato di blu.
Penso sia stato esporto al verde rame
ma è solo una ipotesi.
Varcata la soglia, la cantina è
ovviamente occupata per metà dalle macerie crollate al suo interno.
Una vecchia catena sul muro mi fa
pensare ad animali legati qui in inverno.
Una cesta di vimini, due grosse botti,
un lavandino fatto forse di pietra sono gli oggetti che riconosco
subito.
Poi guardando attentamente si vedono
anche alcune sedie impilate semi coperte dai detriti.
Chissà quando era in uso se c'erano
salami, coppe e altri salumi appesi.
Magari anche del buon vino nelle botti.
Non mi avvicino alla parte scoperta
poiché al di sopra sembra tutto pericolante.
Usciamo dalla cantina e ritorniamo
verso il centro del paese.
Voglio fare un paio di foto ancora al
centro con il grandangolo per avere l'idea di insieme del paese.
Siamo ormai alla fine del giro ed è
ora di andare a casa.
Non ci sono parole per dire come ci si
sente perché per quanto sia una esperienza strana, è anche molto
soggettiva.
Di questo me ne accorgo quando parlo
col mio compare che è cresciuto in una realtà molto simile a quella
di questo paese a differenza di come sono cresciuto io.
Mentre scendiamo lentamente verso valle
penso che nella nostra ignoranza è stato davvero bello aver concluso
questa escursione proprio con N5 a dare il significato secondo me
riassuntivo di cosa sia Rovaiolo Vecchio.
Qui gli oggetti di uso comune di una
comunità basata sull'agricoltura si incontrano e si scontrano con
l'abbandono del paese.
E cosi la cantina, uno dei posti più
importanti dove di solito si tengono le scorte di cibo, fondamentale
per la vita dell'uomo, scompare lentamente, muore sotto le macerie,
lasciando spazio alle piante che riprendono possesso del territorio
per dargli nuova vita.
Rovaiolo Vecchio non ha una sola chiave
di lettura e l'unico modo per capirlo fino in fondo è venirci di
persona con il proprio bagaglio personale di emozioni e memorie, ma
soprattutto col rispetto di chi guarda un paese fantasma in cui un
bottone è la testimonianza di chi in questo cimitero di case di
pietra non vedeva una curiosa attrazione ma la propria dimora.