mercoledì 24 settembre 2014

Rovaiolo Vecchio - Il Paese fantasma

Una sera di qualche anno fa, parlando con Gimbo, un mio amico che conosce bene la zona attorno al Brallo, venni a sapere che esistevano alcuni paesi abbandonati in mezzo alle colline dell'appennino e, uno di quelli più suggestivi, era Rovaiolo Vecchio.
Nel suo racconto mi ricordo che la peculiarità di questo posto era che la gente del paese non se ne era andata volontariamente ma l'intero borgo era stato fatto evacuare dalle autorità perché minacciato da una frana.
Era il 1960 e da allora nessuna frana ha colpito il paese.
Tuttavia questo non significa che tutto sia rimasto intatto.
Infatti nessuno è più tornato a vivere a Rovaiolo Vecchio e le case sono state pian piano rivendicate dalla natura che cerca lentamente di riassorbirle.

Con queste premesse non potevo lasciarmi sfuggire una visita a quello che possiamo definire un villaggio fantasma!
Così convinco un compagno di avventure a seguirmi in questa impresa in un pomeriggio di Settembre.
Lasciamo Voghera alle nostre spalle verso le 2 e 30 circa del pomeriggio e seguiamo la Strada Provincial 461 in direzione Brallo.
Giunti al passo scendiamo verso valle fino al paese di Rovaiolo (quello nuovo) seguendo la Strada Provinciale 186 che avevamo imboccato poco dopo Varzi.
Il mio primo pensiero è che secondo me Rovaiolo è stato ricostruito dall'altro lato della valle e quindi per fare distinzione hanno iniziato a chiamare Rovaiolo Vecchio il borgo abbandonato e Rovaiolo il gruppetto di case lungo la provinciale.
Se qualcuno ne sapesse di più, lo invito a contattarmi via Blog.
Qualunque sia la verità, arrivati a Rovaiolo si scorge subito, sul lato opposto della valle, un gruppetto di una decina di case in pietra.
Quello è Rovaiolo Vecchio.


Per arrivarci cerchiamo la strada sterrata situata a destra della carreggiata che scende fino al torrente Avagnone.




La strada, una volta era probabilmente asfaltata per il primo tratto, è identificabile solo da un segnale di STOP un po malandato.
Una volta imboccata scendiamo molto cautamente fino al piccolo ponte sul torrente e li lasciamo la macchina.



Ci sono segni di ruote di trattori sul fango che ricopre parzialmente il ponte ma comunque non è raccomandabile attraversarlo con la macchina.



Ci incamminiamo lentamente lungo la rapida salita che porta al paese e non si può fare a meno di notare due cose.



La prima è la bellezza del posto completamente circondato dal bosco; si può vedere tutta la valle fino al Brallo.



La seconda è la effettiva friabilità dell'intera collina fatta prevalentemente di rocce simili all'ardesia.
Salendo i due tornanti, poco prima di arrivare a destinazione, si può davvero immaginare quanto poteva essere bello vivere qui.
Il bosco sulla destra lascia spazio ad un muretto a secco che cerca di farsi notare nonostante al copertura di muschio che che lo ricopre.
Una primula ha trovato casa proprio qui, vicino ad un vecchio castagno.




Finalmente a sinistra il bosco finisce lasciando spazio ad alcuni campi coltivati che terminano proprio in corrispondenza delle prima casa di Rovaiolo Vecchio.
La prima impressione vedendo questa casa di pietra mezza divorata dalle piante rampicanti è di stupore. Sembra di essere in quel documentario di History Channel: La Terra Dopo L'Uomo.



Continuando comincia a delinearsi il borgo e vedo che per fortuna non tutte le case sono nello stesso stato.
Quando si arriva a destinazione ad accogliere i visitatori occasionali c'è una piccola casetta di legno sulla destra del sentiero con un grosso tubo nero fissata ad essa.
C'è un cartello con sopra una scritta i cui caratteri mi portano alla mia infanzia.
Dice: “Benvenuti nel paese Fantasma”.



Questo punto del paese è molto interessante perché regala la prima sorpresa.
Infatti se guardo di fronte a me vedo una casa diroccata con la porta aperta.



Se invece guardo a destra, oltre alla casetta di legno, vedo una casa a due piani perfettamente in ordine.
Non me l'aspettavo che qualcuno potesse ancora venire a vivere qui , magari anche solo per un week end, usando questa casa come rifugio lontano da tutto e da tutti.
Inizio a pensare che il villaggio non è del tutto morto.
Il mio compagno di viaggio parte in quarta e mi abbandona cominciando a vagare baldanzosamente per il paese mentre io vado con molta calma soppesando ogni passo.
Raggiunta la casa con la porta aperta vedo che sopra la porta c'è ancora il numero civico 8.
Sulle pietre che componevano i gradini di accesso, ormai inagibili, si vede il segno bianco e rosso del percorso del CAI 125 che passa attraverso il paese.
Proseguendo oltre, sulla sinistra, c'è un altro blocco di case con le porte aperte e le scale ancora utilizzabili.



Mi avvicino e salgo molto lentamente i gradini varcando la porta in religioso silenzio.
È una sensazione molto strana, come se tutto andasse al rallentatore.
Da una parte trovo eccitante l'idea di vedere una casa abbandonata e dall'altra la sensazione di tensione come se ad un tratto qualcuno potesse venire fuori da una stanza all'improvviso.



Nemmeno quando sono entrato nel castello abbandonato di Santa Catalina a Tarifa mi sono sentito così.
Da com'è il corridoio capisco che negli anni qualcuno è passato e ha soggiornato in queste case.



Tutto è in disordine e non mi stupirei se anche qualche animale avesse soggiornato qui di tanto in tanto.
Mi colpisce il particolare di un rosario ancora appoggiato alla mensola di uno specchio.



La cucina sembra stata utilizzata non troppo tempo fa.
Una confezione di pasta Barilla ancora chiusa è appoggiata su un vecchio frigo.



Di rimpetto alla cucina una camera con un letto singolo con materassi, coperte scarpe e immondizia tutti mescolati alla rinfusa.




Sul fondo una camera da letto grande con letto matrimoniale, un armadio e due cassettiere.



Ho la convinzione che l'armadio a breve si aprirà e verrà fuori un improbabile residente a chiedermi cosa ci faccio li.
Due bottiglie fanno da candelabri e il fatto che una sia abbastanza recente rafforza l'idea che qualcuno prima o poi salterà fuori.



Sto sudando tantissimo e non so se sia per il caldo o per la sensazione che sto provando.
Esco guardandomi continuamente attorno come se un agguato fosse imminente.
Visito adesso l'altra porta che da su una stanza solamente.
Sporcizia mista, alcuni sacchi, una rete di un letto e un cassetto senza cassettiera.
Niente di speciale qui.




Uscendo mi trovo di fronte il lato della casa col numero 8 e noto che non è una struttura unica ma fa in realtà parte di un agglomerato di abitazioni.



Comincio a capire di più di del posto solo quando giro a sinistra verso la parte posteriore del villaggio.
Non ci sono tante case piccole case di pietra ma una struttura unica composta da diversi blocchi indipendenti.

Sono davvero curioso e mentre pian piano mi abituo all'idea di girare per queste case abbandonate capisco che devo anche farlo con metodo se voglio visitare il posto il più possibile senza tralasciare nessun luogo.
Quindi per raccapezzarmi meglio cerco di seguire lo schema mentale dei “blocchi” numerati da visitare.
Anche adesso che sto scrivendo il post voglio fare la stessa cosa e a tale scopo ho pensato di far e un piccolo schema dei vari gruppi di case.


N1 è il primo, quello con la casa completamente avvolta dalla vegetazione.
N2 è il più grande, quello della casa col numero 8.
N3 è quello dove sono appena entrato.
N4 è dietro a quest'ultimo.
L è la casetta di legno
CA è la casa abitata.

Tornando alla visita...
Mi accorgo che nello spiazzo d'erba fra N3 e N4 c'è un piccolo gruppetto di pietre messe in cerchio coi resti di un fuoco.



Inoltre noto anche una peculiarità nel tetto di N2; ovvero una lampione di alluminio per l'illuminazione pubblica.



Mi chiedo se la regione sia venuta ad installarla qualche anno fa magari per qualche strana legge che obbliga tutti paese ad averne una anche se disabitati!
Sulla destra c'è una fontanella e una vasca con i bordi svasati probabilmente dove venivano lavati i panni.



D'istinto entrerei subito nelle altre case ma continuo lungo il sentiero CAI dove trovo un fienile (F) e una diramazione sulla destra che porta ad un'altra struttura (N5).



Entro nel fienile accompagnato dal mio compagno di viaggi che mi ha raggiunto proprio qui.
La porta di legno fa il suo dovere e si apre svelando che la struttura è su due livelli.




Il ripiano principale dove ci troviamo noi è largo circa due metri al di la dei quali c'è il livello del piano sottostane.
C'è poca luce e la mia macchina fotografica non mette bene a fuoco ma si vedono nella penombra un paio di vecchi utensili in legno da un lato e una scala a pioli che scende di sotto dall'altra.


Tornando sui miei passi noto, passandoci accanto, che N4 ha le mura molto crepate e quando giro attorno noto che uno dei muri laterali è completamente crollato.



Sotto l'occhio attento del mio compare salgo le scale che portano al primo piano, o per meglio dire il piano rialzato sopra le cantine, e facendo molta attenzione a dove metto i piedi salgo sul ballatoio.
Una stanza è appunto sventrata dal muro crollato e al suo interno un forno.



L'altra ha una porta bloccata dal tetto caduto e una scala che sale al piano di sopra ma non sfido la sorte e torno indietro.



Uscendo mi trovo davanti N3 e mi accorgo che ha una sorta di tetto che sporge sul retro e una scala che porta ad un altra stanza.
Inoltre sotto la tettoia sporgente c'è una vera chicca: un forno fatto di mattoni.



Il mio compare si ricorda di quando era bambino e li vedeva in funzione.
Io penso a come erano molto più indipendenti le persone che abitavano qui, cosi lontano dai grandi centri abitati coi supermercati pieni di ogni ben di Dio.
Accanto al forno c'è l'ingresso ad una stanza con una dispensa che ha ancora qualcosa al suo interno ma il dettaglio più suggestivo è sicuramente il vecchio scolapasta sul muro.




Ho ormai acquistato abbastanza sicurezza in me stesso per poter entrare nella casa col numero 8.
Non è facile farlo con la macchina fotografica perciò la appoggio sul pavimento della stanza e mi arrampico all'interno facendo del mio meglio, vista la mancanza del ballatoio.
Il mio compare mi guida mentre metto mani e piedi nelle fenditure del muro che solo lui riesce a vedere.
Comunque dopo poco sono dentro.
La prima cosa che va detta, specialmente se venisse il desiderio a qualcuno di visitare Rovaiolo Vecchio, è che questa è sicuramente la casa più suggestiva ma anche una delle più pericolose e suggerisco di evitare di entrare.
Infatti il pavimento e il soffitto di legno sono molto rovinati.
Il lato sinistro della stanza esposto alle finestre ormai rotte e di conseguenza il legno è probabilmente marcito grazie all'acqua e alla neve.
Se invece non resistete alla tentazione come me fate con cautela, tenendovi il più possibile vicino al muro di destra che separa le due stanze.
Ad ogni modo la stanza che ci si trova davanti varcata la soglia è un soggiorno con un tavolo, una sedia, una cassapanca e sparsi dappertutto migliaia di oggetti di vita quotidiana.














Bottoni, piatti, scarpe, barattoli bottiglie e persino medicine.
Molto suggestiva è la saliera ancora inchiodata al muro.


Sul tavolo c'è ancora un tagliere e un vasetto vuoto di Nutella.
Con molta calma arrivo alla porta che da sulla camera da letto.
Mi torna un po la sensazione di imminente incontro ma mi faccio avanti e svolto dentro la stanza.
A sinistra ci sono dei mobili ammassati alla rinfusa mentre a destra vedo i resti di un fuoco, bottiglie, piatti e stracci che forse erano una volta vestiti.



Spicca su tutto il ferro da stiro nel mezzo.



Sul lato ci sono anche dei vecchi fermagli per capelli.



C'è ogni oggetto di uso comune e se non fosse per il disordine si potrebbe riaprire una finestra di un passato di 50 anni fa senza problemi.
Torno nel soggiorno e passando vicino alla sedia mi accorgo che è piccola.
È la sedia di un bambino!



Non ci avevo fatto caso prima.
Mi avvicino alla porta dove mi attende il mio compare che mi ha tenuto in costante contatto vocale per assicurarmi che non succedesse niente e che adesso mi guida nella discesa.
Non appena torno coi piedi sull'erba che circonda le case decidiamo di fare un giro e vedere la parte posteriore di N2.
Il retro è decisamente meglio conservato della parte frontale.
Qui c'è anche la struttura più alta del paese; una casa su tre livelli con cantina sotto e due piani abitabili.
Scopriamo con grande stupore che la cantina sembra chiusa di proposito con un bastone messo di traverso.
Apriamo la porta e troviamo tutto perfettamente in ordine.




Mucchi di fascine, attrezzi e cassapanche.
Perfino una mangiatoia sul fondo.
Qui sicuramente qualcuno viene ancora e forse sono proprio le stesse persone che ancora coltivano i campi qui attorno.
Uscendo dalla cantina, sulla sinistra, ci sono alcuni gradini che portano a due porte verdi contrapposte.



Il pianerottolo è impraticabile e pericoloso poiché sfondato e si può vedere la cantina sottostante.
Raggiungo la maniglia di sinistra me la porta è chiusa a chiave.
Tuttavia la finestra è rotta e perciò scatto una foto dell'interno.



L'altra porta è irraggiungibile e non ha maniglie ma provo a spingerla col cavalletto.
Macché! Addirittura rientra la gamba del cavalletto.
O non sono mai state aperte o sono chiuse molto bene poiché ancora utilizzate.
Una piccola struttura li vicino, che forse serviva per gli animali, contiene una damigiana di vino e delle fascine.



Cerchiamo di raggiungere N1 ma ben presto ci accorgiamo che è impossibile.
Ci vorrebbe il proverbiale machete per farsi strada in questa giungla di provincia.
Magari la prossima volta...

Il tempo passa veloce e mentre torniamo di fronte alla casa col numero 8 sentiamo delle voci che si avvicinano.
Un gruppo di ragazzini raggiunge il paese seguito da qualche adulto.
Dopo aver fatto quattro chiacchiere scopro con mia grande gioia che sono venuti qui per installare una Geochace (vedi post su San Ponzo e su Ca del Monte)
Non ci avevo pensato ma in effetti varrebbe la pena metterne una in tutti i posti che ho visitato e che ancora non ne hanno una.
Dopo i complimenti per l'idea e una chiacchierata per su altri posti interessanti in zona continuiamo per l'ultimo blocco di case (N5).
Invece di prendere l'angusto sentiero,passiamo attraverso campo alla sinistra della casa abitata (CA) e in pochi secondi siamo li.
Al primo piano ci sono due stanze e sotto una grande cantina.
C'è anche una sorta di piccolo fienile semi distrutto.


Cominciamo la visita dalla prima stanza che anche se spoglia, ha una vera chicca.
Un cassettone con il piano in marmo.


Il pesante mobile si trova subito dietro la porta, sulla sinistra.
Alcune fascine sul pavimento, una rete di un letto contro il muro e una scala di legno che sale.





Sarei tentato di salire ma non mi fido e passo alla stanza accanto.
Non c'è molto da dire perché meta pavimento è crollato probabilmente quando è crollato a sua volta il tetto assieme ad un angolo della casa.



Scendiamo nella cantina e prima di entrarci c'è una sorta di anticamera con una serie di rami intrecciati, forse un pollaio.


Al suo interno non ci sono più i polli ma un cappello macchiato di blu.
Penso sia stato esporto al verde rame ma è solo una ipotesi.


Varcata la soglia, la cantina è ovviamente occupata per metà dalle macerie crollate al suo interno.
Una vecchia catena sul muro mi fa pensare ad animali legati qui in inverno.


Una cesta di vimini, due grosse botti, un lavandino fatto forse di pietra sono gli oggetti che riconosco subito.



Poi guardando attentamente si vedono anche alcune sedie impilate semi coperte dai detriti.
Chissà quando era in uso se c'erano salami, coppe e altri salumi appesi.
Magari anche del buon vino nelle botti.
Non mi avvicino alla parte scoperta poiché al di sopra sembra tutto pericolante.
Usciamo dalla cantina e ritorniamo verso il centro del paese.
Voglio fare un paio di foto ancora al centro con il grandangolo per avere l'idea di insieme del paese.









Siamo ormai alla fine del giro ed è ora di andare a casa.
Non ci sono parole per dire come ci si sente perché per quanto sia una esperienza strana, è anche molto soggettiva.
Di questo me ne accorgo quando parlo col mio compare che è cresciuto in una realtà molto simile a quella di questo paese a differenza di come sono cresciuto io.
Mentre scendiamo lentamente verso valle penso che nella nostra ignoranza è stato davvero bello aver concluso questa escursione proprio con N5 a dare il significato secondo me riassuntivo di cosa sia Rovaiolo Vecchio.
Qui gli oggetti di uso comune di una comunità basata sull'agricoltura si incontrano e si scontrano con l'abbandono del paese.
E cosi la cantina, uno dei posti più importanti dove di solito si tengono le scorte di cibo, fondamentale per la vita dell'uomo, scompare lentamente, muore sotto le macerie, lasciando spazio alle piante che riprendono possesso del territorio per dargli nuova vita.

Rovaiolo Vecchio non ha una sola chiave di lettura e l'unico modo per capirlo fino in fondo è venirci di persona con il proprio bagaglio personale di emozioni e memorie, ma soprattutto col rispetto di chi guarda un paese fantasma in cui un bottone è la testimonianza di chi in questo cimitero di case di pietra non vedeva una curiosa attrazione ma la propria dimora.