sabato 11 agosto 2012

Torrazza Coste - Gli Orridi

Quando da bambini andavamo ancora a cogliere le castagne nei boschi coi nostri genitori, usanza che ormai sembra paleolitica, spesso andavamo sulle colline dietro Torrazza Coste. Infatti questi boschi, da Torrazza a Sant'Antonino, sono ricchi di piante di castagne e hanno ancora un sottobosco incontaminato.

Nella ricerca del frutto prelibato qualche volta ho trovato denti di cinghiale e qualche piuma di pavone che ancora oggi conservo gelosamente. Tuttavia lo spettacolo del sottobosco non la fa da padrona in quest'area delle nostre colline. Infatti il primato per la visione mozzafiato ce l'ha un altro fenomeno naturale: gli Orridi.

Il nome Orrido non sarebbe del tutto appropriato al fenomeno in questione ma son sempre stati chiamati così e, per noi fanciulli, erano sicuramente un modo per incutere non solo ammirazione e misticismo ma anche il timore e il dovuto rispetto per queste colline spaccate in due dalla natura che senza tregua le modella a suo piacimento non curante di strade o sentieri che l'uomo ha costruito negli anni.

Guidando sull'asfalto che dal Trebbio porta a Cadelazzi e di seguito a Torrazza mi accorgo subito di quanto l'erosione sia avanzata e si sia avvicinata pericolosamente alla stradina in mezzo ai boschi che ora, sotto la minaccia di essere divorata anch'essa, ha subito una riduzione di carreggiata per far spazio ad un guardrail di protezione.

Lasciamo la macchina qualche metro prima in uno spiazzo appena accennato sul lato sinistro della strada e, seguendo le memorie che ho, prendiamo un sentiero che ricordo portare al punto panoramico più alto.

Scopro poco dopo che la distanza per raggiungere lo spiazzo si è ridotta anch'essa drasticamente e che il posto che cerco ormai giace 20-30 metri più sotto. E' davvero difficile da credere ma una gran fetta della collina, per come me la ricordavo, non esiste più.
Un ramo di un albero rimane sospeso nel vuoto come una braccio teso, rimasto a porgere la mano in extremis al suo vicino che ormai giace a fondo valle con le radici secche scoperte.

La morte qui in realtà non esiste ma è una transizione. E' morta una collina coi suoi fiori e i suoi alberi ma è rinata sotto forma di un nuovo bosco in fondo alla valle.
Non dico molto ma resto a guardare fin dove l'occhio riesce a spaziare sulle valli sottostanti. Cosa si podrebbe dire di fronte a questo spettacolo della natura per raccontarlo?
Per capire questa parte d'Italia bisogna viverla e non basta guardarla.
Ancora uno sguardo rivolto al verde e ai campi coltivati e poi via, giù per il sentiero fino alla macchina.
Passiamo vicino al guardrail e con il sole in faccia scendiamo verso la valle, verso casa con un altro paio di foto e di ricordi in tasca.





Cella di Varzi - Tempio della Fraternità

Da bambini, la maggior parte dei bambini, pensa che da grande vorrà fare il soldato. Non so cosa pensino le bambine, se veramente vogliono fare le ballerine ma per noi piccoli uomini era così.
E' infatti grazie al fatto che ero uno di quei maschietti che passavo le mie giornate in giardino a sparare a invisibili nemici con il mio fucile che usava quei piccoli cappuccetti gialli di plastica esplosivi.
Quando un giorno i miei mi dissero che mi avrebbero portato a vedere un carro armato ero ovviamente eccitatissimo e entusiasta. Così, dopo mangiato, in una calda domenica degli anni '80, mi portarono in mezzo alle valli dell'Oltrepo' a vedere il mastodonte semovente verde che per alcune ore sarebbe diventato la mia nuova avventura.

Un M7 Seaxton, per un bambino, è sicuramente una vista imponente e affascinante. Per un uomo adulto è rispetto verso una temuta arma da guerra e ricordo di eventi che tinsero di sangue il mondo e le nostre valli negli anni '40. Tuttavia, anche per un uomo, non è facile far coincidere il concetto di fraternità e guerra, eppure sembra che l'opera sagace di Don Adamo Accosa, il Tempio Della Fraternità di Cella di Varzi, riesca nel suo intento.

Il tempio è stato un posto dove negli anni son tornato più volte. Forse più per la sua peculiarità che non per capirne il motivo alle spalle o scoprirne l'idea dalla quale scaturì la sua creazione. Tuttavia, nella mia ultima visita, mi sono comprato il libretto con la storia del tempio e mi ci sono immerso con passione. Lungi da me spiegare tale storia nel mio blog e, anzi credo che chi si appassioni a questo posto unico al mondo, debba andarci e scoprire da sè di cosa si tratti e, mio modesto suggerimento, passarci qualche ora con calma e con voglia di imparare qualcosa. Questa voglia che ci rende umani e perciò curiosi.

Ironicamente parlando, visto che si tratta a tutti gli effetti di una chiesa, posso dire che provavo una reale venerazione per quel grosso pezzo di ferro verde parcheggiato sul fianco della chiesa.
Questa venerazione non è svanita, più che altro è mutata in venerazione dell'opera di un uomo che ha lanciato una piccola sfida a se stesso e ha intrapreso l'arduo compito di riunire cimeli di guerra in un'opera d'arte che altruisticamente ha donato a noi tutti e ad un mondo in cui troppo spesso ormai, la parola guerra è troppo distante per essere compresa.

Un offuscato ricordo degli anni passati da una generazione che purtroppo non si ascolta quasi più quando ci parla e che ha cercato di darci un mondo migliore nel quale la nuova generazione ha saputo solo abusare nuovamente dei più deboli.

Lasciandoci complessi pensieri e riflessioni alle spalle, la visita al tempio può essere fatta passando da due strade diverse.
Si può seguire quella suggerita dalla nuova segnaletica e che, lasciando Varzi, fa prendere tutta la Strada Provinciale 111 fino a Fabbrica Curone, svoltare a sinistra per prendere la Strada Provinciale 100 e poco più avanti girare sulla sinistra sulla Strada Provinciale 91.
La seconda opzione, quella storica, che ho sempre fatto ma che sconsiglio visto che la strada è molto piccola e a doppio senso, è di giare subito a sinistra a San Michele di Nivione seguendo le indicazioni per Cella.
Il borgo di Cella è appollaiato su un cucuzzolo e, come accade spesso nei comuni montani dell'oltrepo', il piccolo bar ai piedi della chiesa è il punto di ritrovo della comunità con l'immancabile gruppetto di persone fuori a discutere.

Voglio lasciare un ultimo suggerimento.
Nella vita di oggi, frenetica e sempre di corsa, non è facile ritagliarsi il tempo per vedere un posto e per capirlo. Alle volte si taglia corto e si prendono le prime impressioni come realtà assoluta.
Se volete capire ogni mattone di questo posto dovete tornare curiosi come i bambini e col cuore aperto a capire che quello di fronte a voi non è nè un museo nè una chiesa ma un testamento per l'umanità.
Spero che chiunque possa andarci possa, come me, tornare arricchito sotto tanti aspetti.
Arrivederci Tempio, ci rivedremo quando saro ancora più maturo per capirti ancora di più di adesso.